Pasquale Celona mostra attraverso la pittura le sue riflessioni e interpretazioni della pittura Metafisica. Tuttavia, non perde di vista il patrimonio storico-artistico e naturale dell’Italia. Al di là di questi riferimenti, egli infonde un tono che gli è proprio delle sue composizioni, che raffigurano perlopiù oggetti quotidiani quali piatti, coppe, fruttiere e vasi da cui si protendono fiori che paiono zampilli d’acqua.
Queste immagini, a mio avviso, potrebbero ben illustrare i versi del poeta Isidore Lucien Ducasse – noto con lo pseudonimo di Conte di Lautréamont, la cui opera fu apprezzata dagli artisti metafisici e surrealisti. Lautréamont fa riferimento alla “bellezza semplice” che può originarsi da “raggruppamenti accidentali” di cose comuni quali vasi e utensili ma anche barche, l’acqua trasparente di un fiume, monti e nuvole – così come si vedono nei dipinti di Celona. Memorie lontane, forme prosaiche o comuni e un denso repertorio estetico caratterizzano queste pitture, che rivelano come l’artista intessa forma e colore in una struttura coerente ma al tempo stesso sorprendente e inquietante. Invero, in diverse opere che l’artista ha esposto nel corso di questo decennio si può scorgere un senso per l’occulto esplicitato da Lautréamont. Da un punto di vista tecnico si può osservare come l’artista separi i colori primari e al tempo stesso ponga in evidenza quelli secondari attraverso velature e trasparenze. Un simile approccio rimanda all’uso del colore dei post-Impressionisti e, in misura marginale, ad alcuni aspetti dei Fauve anche se, nell’insieme, Celona infonde nelle sue tele la luce dorata della Calabria.
In termini di contenuto e stile, è al confine fra l’onirico e l’evocativo che Celona trova fonte di ispirazione per poi evocare un lirismo che si ritrova in movimenti artistici la cui influenza si è protratta fino ai giorni nostri. L’artista parrebbe dunque invitare l’osservatore a rifugiarsi in una dimensione che si discosta, almeno in parte, dalla quotidianità e conduce a un universo di metafore plastiche. Prendendo le distanze dall’inquietudine che pervade le aree urbane del tempo presente, egli promuove il risveglio della sensibilità e il ritorno a un ideale di libertà in un mondo pieno di emozioni. Lo fa ridisegnando una connessione illogica, eppure all’apparenza convincente, fra gli oggetti rappresentati nei suoi dipinti, che potremmo definire come espressioni poetiche dell’artista nel linguaggio visivo che gli è proprio. Un tale approccio rivela la conoscenza, da parte dell’artista, dei movimenti testé menzionati. I Metafisici e, in seguito, i Surrealisti, in effetti, posero l’attenzione sull’eredità dei filosofi ma anche dei poeti e dei loro simboli, gesti, e azioni.
Nondimeno, è necessario tener presente che l’opera di Celona riflette l’aspirazione, dell’uomo e dell’artista, di cogliere e rappresentare il mistero della vita e della morte. Ciò risulta evidente nelle sue composizioni con “oggetti inanimati” rimossi dal loro ambiente naturale – siano essi fiori, frutti, utensili oppure oggetti ornamentali. Nel perseguire questo intento egli ripercorre la storia e l’estetica della natura morta quale genere in pittura (così come il paesaggio o il ritratto). Considerata un perfetto soggetto per lo studio basilare nella formazione artistica, la natura morta ricorre nella produzione di molti pittori. Forse perché la natura morta come genere dà adito a paragoni storico-critici interessanti e accende un dibattito sul rapporto fra arte e natura, ovviamente chiamando in causa l’estetica.
Da migliaia di anni la natura morta è una presenza costante nell’arte: la si ritrova ad esempio nelle pitture murali dell’antico Egitto così in rappresentazioni di offerte votive dell’antica Grecia e dell’Impero romano. Era diffusa nel XVI secolo, anche se con valenza simbolica di matrice religiosa, di cui è esempio il memento mori finalizzato a rammentare all’osservatore la sua condizione di essere mortale. Grandi maestri europei, in particolare i fiamminghi, hanno dimostrato una straordinaria abilità nel dipingere oggetti con estrema verosimiglianza. Nel XVIII secolo nuove istanze estetiche furono messe in luce da Jean-Baptiste-Siméon Chardin, a cui fece seguito Paul Cézanne nel tardo XIX secolo. Successivamente la natura morta sarebbe riapparsa nei lavori di Georges Braque, Pablo Picasso e Juan Gris. Nella Pop Art inglese e soprattutto statunitense, la natura morta è presente in lavori raffiguranti prodotti che rappresentano il consumismo, la produzione di massa e le ideologie alla base di queste fenomenologie.
Nella pittura Metafisica, che costituisce il fondamento dei lavori di Giorgio Morandi, la natura morta è un soggetto cruciale poiché l’artista trasforma composizioni con bottiglie e altri oggetti su un tavolo in immagini il cui significato va oltre le apparenze. Tali Nature morte, infatti, evocano metafore poetiche, silenzio e meditazione. Inoltre, sintetizzano l’idea che a dare carattere ontologico alla natura morta quale genere sia proprio la sua apparente banalità. Quanto sin qui detto si applica anche alle Nature morte di Pasquale Celona. Rappresentando oggetti a portata di mano, queste sue Nature morte suggeriscono una riflessione sugli oggetti in essi raffigurati, il loro ciclo di vita e il fatto che possano essere combinati, ridotti a testimonianze silenti e immobili dagli esseri umani, che talvolta li vedono come oggetti di memoria con una precisa relazione spazio-temporale. Muovendo da oggetti d’uso quotidiano, l’artista conferisce dunque un potenziale di trasformazione e creatività alla natura morta dal momento che, attraverso questo genere di pittura, egli pone interrogativi sulla vita e la morte ma anche sul senso dell’esistenza umana. Ne consegue che le Nature morte di Pasquale ci invitano a scoprire la poesia che si cela nelle cose. Non è possible confinare la sua arte nei canoni di una scuola in particolare, seppure questo autore sia stato certamente influenzato dalla ricca tradizione italiana con i suoi movimenti e artisti di punta. Eppure, con le sue pitture Pasquale ha partecipato al dibattito contemporaneo sulla nozione di natura morta, un concetto in costante evoluzione dal momento che esso prevede sempre nuovi modi di rapportarsi alla forma, al colore, alla tecnica e ai materiali, alla percezione, alla risposta del pubblico e altro ancora.
Pur dedicandosi alla pittura, Pasquale Celona ha condiviso la sua passione per l’arte attraverso l’insegnamento e soprattutto impegnandosi in prima persona nella Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Firenze, o Florence Biennale, da lui fondata insieme al fratello Piero con l’intento di creare una piattaforma indipendente per artisti da tutto il mondo. Nel quadro di questa biennale, che ha riscosso successo per oltre vent’anni, egli si è relazionato con migliaia di artisti nonché gallerie, istituzioni e organizzazioni prestigiose. I risultati conseguiti nel perseguimento di una tale impresa debbono certamente essere tenuti in considerazione per una riflessione sull’opera di Pasquale Celona, dalla quale fluiscono magia, poesia, e dolcezza.

 

PASQUALE CELONA:
THE RETURN OF THE POET
by Elza Ajzenberg

Pasquale Celona shows through painting his own reflections and interpretation of Metaphysical art. Yet, he does not lose sight of Italy’s historical, artistic and even natural heritage. While drawing inspiration from that background, he puts a personal tone into his compositions, mainly representing simple objects such as dishes, fruit bowls, and vases from which flowers similar to sources of water sprout.
In my view, these images may well illustrate the propositions of poet Isidore Ducasse – known by the pseudonym of Count of Lautréamont, who would be cherished by metaphysical and surrealist artists. Lautréamont refers to ‘the simple beauty’ that can arise from the ‘accidental clustering’ of things such as vases and daily utensils, but also boats, the transparent water of a river, mountains, and clouds – as we may find in Pasquale’s works. Distant memories, prosaic and close forms, and a dense aesthetic repertoire conjoin in these works, showing how the artist harnesses colour and form in a coherent structure, which is as surprising as unsettling. Indeed, from quite a few works by Pasquale Celona that have been exhibited in the last decade we may grasp a feeling reminding us of a sense for the occult expressed by Lautréamont.
From a technical standpoint, it should be observed that the artist separates primary colors and, at the same time, puts in evidence the complementary ones through glazing or transparency effects. Such an approach is reminiscent of the post-Impressionist use of colour, and marginally of aspects of Fauvism. Overall, however, Pasquale brings into his canvases the golden light of Tuscany.
In terms of content and style, it is in the threshold of dreams and evocation that Pasquale finds source of inspiration so as to echo the lyricism of art movements whose influences have come to this day. I would argue that he invites the viewer to take shelter in a dimension that is – to some extent – aloof of everyday life, and draws them into a universe of plastic metaphors. Distancing himself from the overwhelming disquietude experienced in today’s urban areas, he stands for a reawakening of sensibility and revives the ideal of freedom in a world replete of emotions. He does that by redesigning an illogical, yet apparently convincing connection between the objects in his paintings, to be regarded as poetic expressions in his own visual language. Such an approach reveals the artist’s knowledge of the art movements mentioned earlier. Metaphysical artists and, later on, the Surrealists, actually, drew much attention onto the legacy of philosophers as well as poets and their symbols, gestures, and actions. Nonetheless, it is also necessary to bear in mind that Pasquale’s works reflect the author’s aspiration to understand and represent the mystery of the unknown, life and death. That is particularly evident in his compositions with ‘inanimate objects’ withdrawn from their natural setting, for instance flowers, fruit, tools, and ornamental items. In doing so the artist retraces the history and aesthetics of Still Life as a genre in painting (as are landscape and portrait).
Considered a perfect subject for basic exercise in studio art training, Still Life recurs in the artistic production of many painters, perhaps because Still Life as a genre allows for interesting comparison in art history, and also prompts questioning the relation between art and nature, not without calling upon aesthetics. Dating back to thousands of years, Still Life as a subject can be seen in wall paintings within tombs of ancient Egypt for instance, as well as in representations of food offerings in ancient Greece and the Roman Empire. It was popular in the XVI
th century, although still mixed with religious symbolism, for example the memento mori, reminding the viewer of their mortal condition.

Old Masters from Europe, especially those from Flanders, showed great skills in painting objects with stunning naturalism. In the XVIIIth century new aesthetic aspects were brought to the fore by Jean-Baptiste-Siméon Chardin, followed by Paul Cézanne at the end of the XIXth century. Later on, Still Life would recur in works by Georges Braque, Pablo Picasso, and Juan Gris. In the English and, mainly, North American Pop Art movements, Still Life is represented through works featuring products that actually represent consumerism, mass production, and the ideology lying behind these phenomena.
In Metaphysical painting, which constitutes the basis for Italian Giorgio Morandi’s works, Still Life appears as fundamental subject as the artist transforms compositions with bottles on a table into images whose meanings go beyond visual appearance as they evoke poetic metaphors, silence, and meditation. Furthermore, they synthesize the idea that the apparent banality of Still Life as genre is exactly what gives it an ontological character. All this also applies to Pasquale’s Still Lives. By representing objects within reach, his nature morte arouse some reflection on the things depicted, their lifecycle, and the fact that they can be combined and turned into silent, immobile objects of memory that human beings may regard as having a particular relation with space and time. Moving from everyday items, Pasquale thus confers his Still Lives a creative and transforming potential in that, through painting, he questions ‘death and life’, inevitably coming into question human existence.
As a result, Pasquale’s Still Lives invite us to discover poetry hidden in things. We cannot confine Pasquale to any particular school, although cannot but have been influenced by the wealth of Italian painting traditions, movements, and outstanding artists. Nonetheless, with his paintings he has participated in the contemporary art debate on the concept of Still Life, which is still evolving while encompassing new ways of dealing with form, colour, medium, perception, audience response, and much more.
While being committed to painting, Pasquale Celona has shared his passion for art through teaching and above all serving as President of the Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Firenze, or Florence Biennale, which he founded with this brother Piero with a view to create an independent platform for artists around the world. Within the framework of that biennial, which has enjoyed success for over twenty years, he has liaised with thousands of artists as well as galleries, institutions, and renowned organizations. Such an achievement shall be kept in mind while reflecting upon Pasquale Celona’s works, from which flow magic, poetry, and softness.