In ambito cosmologico, la luce è ciò che permette la costruzione dell’universo, a partire dal primo atto divino della creazione. Il corpo dell’universo si espande per autopropagazione proprio grazie alla capacità espansiva della luce. Pasquale Celona, attraverso le sue opere, ci propone un cosmo nuovo, o meglio il mondo visto da ottiche differenti, da angolature nelle quali è la luce a fare la differenza, a dettare i ritmi della visione, a scandire i diversi livelli percettivi, a cadenzare profondità e prospettive che diventano, insieme alla materia-colore, elementi attivi e portanti di ogni suo dipinto.
Il rapporto luce-materia è alla base della nostra percezione visiva; infatti è proprio grazie al riverbero e all’assorbimento delle onde elettromagnetiche sulle diverse superfici che gli oggetti possono rivelarsi ai nostri occhi. Celona, però, è consapevole che la conoscenza visiva è un processo di scoperta e riscoperta in quanto ciò che si trova davanti ai nostri occhi non corrisponde alla realtà completa, ma solo alla parte superficiale di essa. L’artista insegue l’essenza della realtà attraverso opere realizzate con tratto sicuro, dove la linea vive in funzione dell’intera composizione e dove i volumi, gli spazi e i colori sono legati e indagati per mezzo della luce.
La luce attiva il processo che ci permette di vedere ciò che ci circonda e, successivamente, di poterlo modificare, ammirare, afferrare, comprendere e fare proprio in modo del tutto personale. É per questo motivo che ha svolto un ruolo determinante, fortemente simbolico, nelle culture di ogni tempo. Basti pensare al mito della caverna di Platone dove l’abbagliante luce solare all’esterno della grotta rappresentava il massimo grado di conoscenza. Celona sembra partire proprio da questo assunto: nei suoi dipinti la luce gioca un ruolo importante a tal punto da trasfigurare il dato reale, in certi casi lo deflagra, per poi ricomporlo di fronte ai nostri occhi senza che la nostra memoria attiva percepisca dissonanze.
Celona utilizza la luce sia per determinare l’intera superficie dello spazio, a prescindere dalla sua conformazione, sia per penetrare al suo interno: talvolta sembra che il bagliore percepito dentro i volumi sia ancora più intenso. In questi casi si ha come la sensazione che la luminosità non provenga da una fonte esterna al soggetto, ma all’interno degli stessi volumi che la irradiano verso l’esterno, dalla profondità verso la superficie.
Clemens Baeumker idea nel 1916 la definizione “metafisica della luce” riferendosi al concetto che la luce costituisce la componente strutturale essenziale di ogni essere fisico, animato o inanimato. La luce diventa concreta e fisica nel momento in cui si unisce alla materia generando un corpo. Celona sembra essere consapevole che la luce è ciò che permette la costruzione dell’universo, partendo dalla creazione divina fino ad arrivare alla realtà in essere per come la percepiamo. In molti suoi dipinti il fenomeno irraggiante è tale da risultare, in sintonia con il flusso vitale del quadro, come una specie di apertura, un vero e proprio stargate attraverso il quale anelare a quel cambio dimensionale che potrebbe condurci alla giusta armonia con il cuore della natura e all’essenza della visione.
Ne scaturiscono opere che non possono essere più definite come paesaggi, vedute, ritratti, nature morte o composizioni, ma come una sorta di eterno ritorno-ricordo di un luogo o di contesti vissuti, nella realtà o nella fantasia, che consentono all’artista di rilevare il sostrato mitico-simbolico che sta dentro le cose, nelle vicende reali o ideali del passato che finiscono per avvilupparsi inevitabilmente a quelle del presente, facendo intravedere dietro l’apparente narrazione realistica dei fatti, la precarietà e la provvisorietà del destino umano.
Fisica, metafisica ed estetica della luce: sono questi i percorsi che si aprono nella visione della materia della vita, dell’universo e della storia. Celona affronta con disincanto l’esperienza umana che parte sempre dall’io umano e dal suo inesauribile bisogno di felicità e condivisione, per poi trasformarsi in un dialogo con quell’io sociale, realmente isolato, che si adatta alle esigenze del quotidiano. Per dirla con Oscar Wilde: “Il sognatore è colui che trova la sua via alla luce della luna… punito perché vede l’alba prima degli altri”. Le sue figure sono quasi sempre isolate, nel caso ce ne fossero più di una nello stesso quadro sembrano appartenere a dimensioni differenti, non comunicano pur avendo, talvolta, contatto fisico. La luce detta le sinuosità dei corpi, lo spazio ritma la loro esistenza e i colori dell’intero dipinto spingono la scena in una visione asimmetrica del reale. Le cromie vengono sottoposte a una rigorosa disciplina, ma completamente istintiva e innaturalmente naturale. In genere i colori non vogliono esprimere o significare nulla oltre se stessi, accentuando la mancanza di riferimenti spazio-temporali nel loro evitare eccessi chiaroscurali ed essere portatori sani di luce. L’opera che viene realizzata mostra inconfondibili tratti di unità e unicità, pur nelle sue varietà tonali e formali, e nella libertà delle differenti espressioni: è per questo che, nonostante si schiudano davanti ai nostri occhi soggetti differenti, non avvertiamo discontinuità passando dalla contemplazione di un nudo o di una maternità a un paesaggio marino o a una natura morta nella quale gli elementi-oggetto manifestati, che prendono consistenza con la “luce interiore”, sembrano ancor più personaggi rispetto a quelli realizzati come tali. “In qualsiasi modo si immagina noi stessi – scriveva Goethe in uno dei suoi celebri aforismi – sempre ci immaginiamo veggenti. Credo che l’uomo sogni unicamente per non cessare di vedere. Verrà forse un tempo in cui la luce interiore uscirà da noi, in modo che non avremo più bisogno dell’altra”. La poesia di Goethe, così come la pittura di Celona, diventa una via privilegiata che conduce a un dialogo interattivo con le immagini – reali o mentali – che rappresentano la realtà nella sua dimensione primordiale, alla quale viene contrapposto il semplice dato di fatto di una obiettività essenziale: l’oggetto o la figura diventano una semplice cosa e permettono attraverso una “luce oltre” di ricreare le leggi del divenire cosmico.
PASQUALE CELONA:
THE LIGHT BEYOND
by Maurizio Vanni
In cosmology, light is all that enables the creation of the universe, even by divine action. Thanks to light and its features, self-propagation drives the universe to expand. Through his works, Pasquale Celona, shows us a new cosmos, his own one. It is a world seen from a different perspective in which light makes the difference: it sets the rhythm of vision across matter and colour while opening way to different levels of perception. The relation between light and matter is at the heart of our visual perception. In fact, it is thanks to the refraction and absorbance of electromagnetic waves hitting different surfaces that things become apparent to our eyes. Celona, however, is aware that cognition through vision only allows us to grasp what is visible from a physical perspective. Instead, what he longs for is the essence of reality, which he represents within his paintings, thereby using light to enhance volumes, space, and colour. Light triggers the process enabling us to see everything around us and then make meaning of it, admire it, and even change it as we wish. That is the reason why light has played a fundamental, symbolic role in every culture. We may think, for example, or Plato’s allegory of the cave: out of the shadowy cave of misconception, sunlight represents knowledge. Celona appears to draw from that teaching as, in his paintings, light plays a crucial role. Through light, reality is transfigured, or reconfigured so that the viewer would not perceive any ‘dissonance’ in the composition before their eyes. On one hand Celona uses light to define space, and on the other to break through that fictive space. More often, however, light appears not to come from an external source, but rather to be generated within volumes or forms, from which it radiates outward.
In 1916 Clemens Baeumker coined the definition ‘metaphysics of light’ arguing that the physical universe is made up of light and therefore all its features, including living beings and inanimate things, are different forms taken by a single fundamental energy. Celona appears to believe that light is at the heart of the creation of the universe, as recounted in the Genesis, and also is what allows us to grasp reality through our bodily sense of sight. In many of his paintings the light radiating from painted forms can be regarded as a flow of life, yet also as an enticing gleam that draws the viewer’s eye into another dimension – that of an unnatural world yet in harmony with nature.
In my view, therefore, his works may no longer be defined as landscapes, views, portraits, still lives or compositions, but rather as depictions of memories – of places, situations, things, and other – and imagination. Through painting, in fact, the artist entwines myth, symbolism, and reality so that the past and present merge into visions showing how precarious human existence is. Physics, metaphysics, and aesthetics of light: these are the key aspects in Celona’s vision of the universe and life within it. As a human being pursuing happiness, he seeks dialogue with others yet faces loneliness because, as Oscar Wilde remarked, ‘a dreamer is one who can only find his way by moonlight, and his punishment is that he sees the dawn before the rest of the world’.
It may be worth noticing that Celona’s figures are almost always isolated. Even when there is more than one figure in the composition, they appear not to communicate with one another as if they belonged to different realms. Light virtually is the element used for the rendering of their sinuous bodies in a dimension in which space and time are indefinite.
The colours, which generally do not have a symbolic meaning, are used in such a way to avoid dramatic contrasts within the compositions, which essentially are visions of a puzzling, unnatural reality.
To conclude, I would argue that Celona’s images all show their author’s uniqueness in terms of style. Observing his works we may see no discontinuity in the use of form and colour, regardless of the subject depicted – be it a seascape, a still life, or other. Indeed, through painting, he creates an ever evolving cosmos in which light goes ‘beyond’ natural laws and, as an artist, he gives breath of life to figures and objects by showing their inner light. That particular aspect may remind us of Johann Wolfgang von Goethe’s words, ‘Try as we might, we can’t help thinking or ourselves as always seeing. I think a person dreams only so as not to stop seeing. It could bell be that the inner light will some day shine out of us so that we would need no other light’.